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ROSSO SANGUE
(MAUVAIS SANG)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 aprile 1987
 
di Leos Carax, con Juliette Binoche, Denis Lavant, Michel Piccoli, Hugo Pratt, Julie Delpy, Serge Reggiani (Francia, 1986)
 
"C'è cinema e cinema, perché dovrebbe essercene uno solo? Così come un libro non assomiglia necessariamente ad un altro, un saggio non è una cronaca, un romanzo non è una poesia! Un dipinto di Bosch non è uno del Durer.

C'è il cinema (come quello di Billy Wilder, o di Bunuel o di Bergman) che racconta una storia, non importa se facile o difficile da seguire. E su questa storia, sulla progressione drammatica di questa storia, sulla geometria di una sceneggiatura, l'impalcatura di una trama di dialoghi, si costruiscono altre storie. Che noi, con la nostra immaginazione, i nostri fantasmi, alimentiamo alla fiamma delle immagini proiettate. Poi esiste un altro cinema (basta un esempio, quello di Godard) dal quale le storie sono spesso fastidiosamente assenti. Fastidiosamente, poiché noi abbiamo bisogno di finzione, di confrontare la nostra, di finzione, a quella di personaggi che vediamo sullo schermo.

E un cinema che vive di momenti privilegiati, nei quali l'intuizione del momento, la felicità dell'istante, lo sguardo colto sul viso dell'attore, la luce che svela il gesto rivelatore, il taglio di montaggio che proietta nuove soluzioni, costruiscono il vero discorso, quello che importa.

Mauvais sang, opera seconda di Leos Carax dopo Boy meets Girl appartiene a questa seconda categoria. Ecco perché è inutile dopo aver visto questa specie di poliziesco, lamentarne l'inesistenza della "storia" (un mimo, un acrobata, un prestidigitatore collabora al furto di un farmaco, trova l'amore e perde la vita), la scarsa attinenza dei dialoghi, l'irrazionalità delle situazioni o delle psicologie. Perché Mauvais sang, come Pierrot le fou o A bout de souffle racconta di tutto, salvo la storia in senso aneddotico. Racconta, per esempio, una relazione amorosa. 0, meglio, l'incontro fra un uomo e una donna, Denis Lavant e Juliette Binoche.

L'incontro fra due corpi, la prima volta. Mentre scendono in paracadute (lei è svenuta, lui la trattiene, ma non ha molta importanza) in un'assurda, silenziosa immobilità. Con la geometria dei campi arati che sfila sotto di loro. L'incontro con un viso, scrutato in primissimo piano, tagliato dalla luce fortissima ed al tempo stesso dolcissima, protratto per un breve, interminabile istante. L'incontro con un colore, il rosso del pullover, il blu della vestaglia. Con un suono: Britten, o la sorprendente melodia chapliniana di Limelight, o la radio sintonizzata a caso. Il cinema di Carax è anche irritante, compiaciuto, estetizzante? Probabilmente: ma possiede il senso, tipico di questo giocattolo del ventesimo secolo, della magia. Quando Alex decide di far sorridere Anna, le fa un gioco di prestigio. Lo conosci quello della mela? le chiede. Prende una mela, e la butta in aria, fuori dall'inquadratura. Un istante dopo tutto gli ricade addosso: ma non è più una mela, bensì un mucchio di cavoli e melanzane.

E un trucco facile, un mistero facile. Poiché l'oggetto da far scomparire e uscito dal campo di ripresa, dalla nostra vista: ma proprio in questa assenza c'è tutta la rivendicazione del potere mistificatorio, e quindi creatore, dello sguardo cinematografico.

Si potrebbe parlare delle ore, di Mauvais sang, senza dire nulla. Poiché uno sguardo, la qualità di uno sguardo (poco importa se nobile o corrotto) è impossibile da descrivere. E tutta da vedere."


   Il film in Internet (Google)

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